Visto il quadro non troppo chiaro della Legge 24/2017 (cd. Legge Gelli-Bianco) la Sezione XIII del Tribunale di Roma, competente per materia, ha stilato delle Linee Guida condivise dai giudici della sezione, per la trattazione dei ricorsi di accertamento tecnico preventivo nei procedimenti per responsabilità medica.
Esaminiamo insieme cosa prevedono.
Nella fase introduttivo del Ricorso ex art. 696bis:
– il ricorso introduttivo del giudizio non deve contenere allegazioni talmente generiche da non porre in grado di conoscere e valutare le questioni tecniche rilevanti nella controversia o di formulare i quesiti pena dichiarazione di inammissibilità;
– il fumus di fondatezza o l’astratta conciliabilità della lite non costituiscono condizioni di ammissibilità del ricorso;
– se dedotta dal resistente l’eccezione di prescrizione è riservata al giudizio di merito.
Il ricorrente, sino all’emanazione dei decreti attuativi previsti dall’art. 12, commi 6 e 10, non ha possibilità di azione diretta nei confronti delle Compagnie di Assicurazione.
Non correttamente invece le Linee Guida prevedono che la struttura sanitaria non verrà autorizzata alla chiamata in causa del sanitario.
Sulla nomina del collegio peritale il Tribunale ritiene che possa essere nominato un solo consulente medico-legale esclusivamente nei casi di accertamento semplice e solo su espresso accordo delle parti.
Ancora più interessante è la tematica relativa al cd. tentativo di conciliazione. Secondo le linee guida tale tentativo, guidato dal Consulente Tecnico d’Ufficio, deve avvenire, mediante convocazione delle parti, entro 10 giorni dal deposito della bozza di perizia. Ovvero ancor prima che le parti (anzi, i loro Consulenti di Parte) possano depositare note critiche. Tale dinamica ritengo che vada a detrimento di una possibile conciliazione perché ben potrebbero i CTU cambiare opinione, nell’ane nel quantum, in seguito al deposito delle note critiche. Sarebbe stato molto meglio prevedere il tentativo di conciliazione dopo il deposito delle note critiche e prima del deposito della relazione definitiva.
Ad una corretta decisione arriva il Tribunale nella valutazione del significato del termine perentorio di sei mesi per l’espletamento dell’ATP. Infatti ritenere di non poter utilizzare il lavoro dei CTU se svolto dopo i 6 mesi significherebbe caricare di ulteriori costi il ricorrente e rendere la procedura assolutamente irrazionale.
Differentemente da ciò che prevede la normativa i giudici della sezione hanno deciso la necessarietà di una udienza conclusiva con cui il giudice prende atto del deposito della relazione peritale e dichiara l’estinzione del procedimento.
Linee guida che sarebbero utili da condividere in altri tribunali o addirittura da trasporre in un atto codificato, anche se non normativo, da parte del Ministero di Giustizia.
Avv. Andrea Colletti